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Addio Marco..

Ultimo Aggiornamento: 19/02/2004 11:30
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15/02/2004 15:48

[SM=x237429] Addio PIRATA sarai ricordato sempre come un grande campione e la tua corsa durerà all'infinito....

Ciao Marco[SM=x237326]




TIM: informazione gratuita il cliente da voi cercato non è al momento on-line...ma gli puoi inviare una mail...! salut!

--- Un modo c'è per diventare migliore...inizia a viaggiare col cuore...SILENCE ---
Il forum dei giovani di Lampedusa..!!




Sei tutto quello che voglio
quando sei qui tra le mie braccia
Sto trovando difficile credere
Che siamo in Paradiso
e lamore è tutto ciò di cui ho bisogno
e lho trovato qui nel tuo cuore
Non è troppo difficile capire
che siamo in Paradiso

una volta nella vita trovi qualcuno
che stravolgerà il tuo mondo
Ti risolleva quando sei giù
Si, e niente può cambiare
ciò che sei per me
ci sono molte cose che potrei dire
Ma ora tienimi stretto soltanto
Perché il nostro amore illuminerà la via

Ho aspettato cosi tanto
che qualcosa arrivasse
che lamore si facesse avanti
Ora i nostri sogni si stanno realizzando
attraverso i momenti buoni e cattivi
si, starò qui vicino a te&
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15/02/2004 16:04

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16/02/2004 16:28

Io nn sono molto informato sulle vicende personali e sportive di Marco Pantani, so solo che è riuscito a fare, nel 1998, quello che da anni i ciclisti italiani nn riuscivano più a fare.. il grande TRIONFO: Tour e Giro!
Così è diventato il campione che tutti conoscevamo come irriducibile... fino a quando nn gli trovarono una dose esagerata di sostanze dopanti che lo hanno portato all'esasperazione, alla depresessione.. Nn è riuscito a trovare la forza dentro di sè per tornare ad essere un campione, sconfiggere tutto e tutti con i risultati che aveva dimostrato di poter ottenere.. ma nn c'è riuscito e il suo cuore nn ha retto all'ultima dose di farmaci che continuava a prendere dopo la lunga depressione e i 15 kg incassati in pochi mesi.. Marco Pantani è morto solo tra le mura di casa sua il giorno di San Valentino, mentre la famiglia era in vacanza..
Tecnicamente il suo nn è stato un suicidio, ma realmente sì!
Addio Pirata... [SM=x237453]


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19/02/2004 10:25

Omaggio al PIRATA...
CESENATICO (18 Feb 2004 16:59) - Una folla di tifosi in lacrime, oltre ad amici e familiari, hanno reso omaggio oggi a Marco Pantani, mentre gli inquirenti stanno prendendo in considerazione l'ipotesi che il campione di ciclismo abbia fatto uso di cocaina o anti-depressivi.

Migliaia di appassionati hanno atteso all'esterno della chiesa di San Giacomo, stipati, seguendo le fasi del rito diffuse dagli altoparlanti. Malgrado il freddo invernale, in molti indossavano una maglietta gialla, simbolo del leader del Tour de France, alcuni con bandiere con teschio e tibie incrociate, in ricordo del Pirata, soprannome del campione, altri con biciclette da corsa, altri ancora con fiori e messaggi depositati in omaggio allo scomparso.

Le troupe dei giornalisti sono stati tenuti alla larga, dopo che la madre del campione ieri aveva gridato alla stampa di lasciare la chiesa dove era stata allestita la camera ardente. Nel corso della cerimonia funebre, Manuela Ronchi, amica ed ex manager del ciclista, ha letto alcuni passi di una lunga lettera lasciata da Pantani.

"'... E io mi sto ferendo con la deposizione di una verità sul mio documento, perché il mondo si renda conto che se tutti i miei colleghi hanno subito umiliazioni, in camera con le telecamere nascoste per cercare di rovinare le famiglie", dicono alcuni passaggi della lettera.

"E poi come fai a non farti male. Io non so come mai mi fermo in casi di sfogo come questi. Io so di aver sbagliato con le prove ma solo quando la mia vita sportiva, soprattutto privata, è stata violata ho perso molto", dice ancora il messaggio.

NELL'ORAZIONE L'ARCIVESCOVO PROPONE AD UN ESAME DI COSCIENZA

"Marco ci invita a fare un serio esame di coscienza, su tutto quanto è sport e quanto nello sport si è rotto", ha detto l'arcivescovo Antonio Lanfranchi, che ha celebrato il rito funebre.

"L'uomo è più grande delle sue vittorie e sconfitte, l'uomo vale più del ciclista... nel campione batte un cuore di ragazzo... un cuore che ha bisogno di normalità e non può essere sacrificato allo sfruttamento", ha detto ancora nella sua orazione funebre l'arcivescovo, officiando nella stessa chiesa di San Giacomo in cui Pantani era stato battezzato 34 anni fa il rito, al quale solo familiari e amici, compresi i compagni di squadra e l'ex campione di sci Alberto Tomba hanno potuto assistere. Dopo la cerimonia, la salma è stata tumulata nel cimitero cittadino.

Pantani è stato uno degli atleti più amati fino all'edizione del 1999 del Giro d'Italia quando è stato espulso dalla competizione per essere risultato positivo ai test dell'ematocrito -- un indicatore, anche se non rappresenta una prova, dell'uso di medicinali dopanti.

Nel residence in cui il ciclista alloggiava c'erano tranquillanti e sedativi. Alcuni giornali hanno parlato anche del ritrovamento di sostanze anti-depressive e di una polvere bianca.

Pantani, chiamato "il Pirata" per la caratteristica bandana che portava attorno al capo, aveva vinto l'accoppiata Giro d'Italia e Tour de France nel 1998, risvegliando a livello nazionale la passione per il ciclismo, ma la sua carriera era stata poi macchiata dalle accuse di doping.

di Stephen Farrand


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19/02/2004 10:38

Appunti di Marco...

Aspetto con tanta verità… sono stato umiliato per nulla e per quattro anni sono in tutti i tribunali.

Ho solo perso la mia voglia di essere come tanti altri sportivi ma il Ciclismo ha pagato molto e molti ragazzi hanno perso la speranza nella giustizia e io mi sto ferendo con la deposizione di una verità sul mio documento perché il mondo si renda conto che tutti i miei colleghi hanno subito umiliazioni in camera, con telecamere nascoste per cercare di rovinare molti rapporti tra le famiglie… dopo come fai a non farti male.

Io non so come mai mi fermo, in casi di sfogo, come questi…

Mi piacerebbe che io so di no aver sbagliato con prove….

Ma solo quando la mia vita sportiva soprattutto privata è stata violata ho perso molto e sono in questo paese con la voglia di dire che ASTA LA VITTORIA è un grande scopo per uno sportivo…

Ma il più difficile è di aver dato il cuore per uno sport con incidenti e infortuni e sempre sono ripartito….

Ma cosa resta se tanta tristezza e rabbia per le violenze che la giustizia a te ti è caduta in credere?

Ma la mia storia spero che sia di esempio per gli altri sport… che le regole ci siano ma devono essere uguali per tutti. Non esiste lavoro che per esercitare si deve dare il sangue e i controlli di notte a famiglie di atleti.

Io non mi sono sentito più sereno di non essere controllato in casa, in albergo da telecamere e sono finito per farmi del male… per non rinunciare alla mia intimità che la mia donna e gli altri colleghi hanno perso, e molte storie di famiglie violentate.

MA ANDATE A VEDERE COSA E’ UN CICLISTA… e quanti uomini vanno in mezzo alla torrida tristezza per cercare di ritornare con i miei sogni di uomo che si infrangono con droghe … ma dopo la mia vita di sportivo.

E se un po’ di umanità farà capire che con uno sbaglio vero si capisce e ci si batte per chi ti sta dando il cuore.

Questo documento è verità e la mia speranza è che un uomo vero o donna legga e si ponga in difesa di chi come me voleva dire al mondo regole per sportivi uguali. E non sono falso.

Mi sento ferito e tutti i ragazzi che mi credevano devono parlare.


MARCO PANTANI


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19/02/2004 10:41

Addio......

[Modificato da ~~SerpeWeb~~ 19/02/2004 10.42]



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19/02/2004 10:44

IL COMMENTO
Pantani nel deserto dei depressi
di UMBERTO GALIMBERTI

La cosa più sconvolgente nella tragedia di Marco Pantani forse non è la sua morte, ma l'assoluta solitudine in cui era stato lasciato negli ultimi anni, quando le glorie del campione cedevano il posto alle sofferenze mute e forse abissali dell'uomo.

Educati come siamo alla cultura dell'applauso non sappiamo neanche dove sta di casa la cultura dell'ascolto. Distribuiamo farmaci per contenere la depressione, ma mezz'ora di tempo per ascoltare il silenzio del depresso non lo troviamo mai. Con i farmaci, utili senz'altro, interveniamo sull'organismo, sul meccanismo biochimico, ma la parola strozzata dal silenzio e resa inespressiva da un volto che sembra di pietra, chi trova il tempo, la voglia, la pazienza, la disposizione per ascoltarla? Tale è la nostra cultura. E allora il silenzio diventa tumultuoso, e la depressione prende a parlare, non con le nostre parole banalmente euforiche o inutilmente consolatorie, ma con quelle rotture simili alla lacerazione delle ferite quando il corpo le conosce come ferite mortali.
È a questo punto che lo spettro della morte si annuncia e inizia a parlare con il tono tranquillo di chi sa di tenere nelle proprie mani tutte le sorti.

Fine del baccano indiavolato in cui quotidianamente tentiamo di esprimere la nostra gioia. Un baccano che è la parodia del grido d'angoscia che, se fosse ascoltato, ci farebbe riconoscere un uomo nel deserto delle cose.

Un deserto che si espande da quel presente muto, in cui il depresso disabita per invivibilità ogni evento, al passato che ha desertificato glorie, trionfi e amori che non si sono radicati, progetti estinti al loro sorgere, ricordi che non hanno nulla a cui riaccordarsi, in quella solitudine frammentata dove l'identico, nella sua immobilità senza espressione, coglie quell'altra faccia della verità che è l'insignificanza dell'esistere.

Non si può parlare neppure di disperazione, perché l'anima del depresso non è più solcata dai residui della speranza. E le parole che alla speranza alludono, le parole di tutti, più o meno sincere, le parole che non si rassegnano, le parole che insistono, le parole che promettono, le parole che vogliono guarire languono tutte attorno al depresso, come rumore insensato. Il rumore che gli altri, quelli che un tempo applaudivano, si scambiano ogni giorno per far tacere a più riprese quella verità che il depresso, nel suo silenzio, dice in tutta la sua potenza.

Bisogna avere il coraggio di vivere fino in fondo anche l'insignificanza dell'esistenza per essere all'altezza di un dialogo con il depresso. E solo muovendosi intorno a questa verità, che è poi la verità che tutti gli uomini si affannano a non voler sentire, può aprirsi una comunicazione.

Comunicazione rischiosa, non perché ci può trascinare nella depressione, ma perché può tradire la nostra insincerità. Il depresso infatti è sensibile al volto che smentisce la parola, e il suo silenzio smaschera la finzione e l'inconsistenza. Per questo i volti dei depressi sono rigidi e pietrificati.

Abitando la verità dell'esistenza con tutto il suo dolore, essi non stanno al doppio gioco della parola che danza disinvolta nell'insensatezza della vita, o che, impegnata, indica una formazione di senso laggiù ai confini del deserto.

Il depresso sa che il confine, come l'orizzonte, è sempre al di là di ciò che di volta in volta appare come confine e orizzonte, sa che non c'è felicità nella sequenza dei giorni, che il sole che muore è lo stesso che risorge, e che nel cerchio perfetto che il ritorno disegna naufraga il progetto che per un giorno s'era levato per reperire un senso nella vita.

Si può spezzare questo cerchio tragico e perfetto? Sì, se siamo capaci di ritrovare l'essenza dell'uomo che Hölderlin indica là dove dice: "Noi siamo un colloquio" . Il colloquio è fatto solo di parole, ma le parole non si dicono solo, si ascoltano anche. Ascoltare non è prestare l'orecchio, è farsi condurre dalla parola dell'altro là dove la parola conduce. Se poi, invece della parola, c'è il silenzio dell'altro, allora ci si fa guidare da quel silenzio.

Nel luogo indicato da quel silenzio è dato reperire, per chi ha uno sguardo forte e osa guardare in faccia il dolore, la verità avvertita dal nostro cuore e sepolta dalle nostre parole. Questa verità, che si annuncia nel volto di pietra del depresso, tace per non confondersi con tutte le altre parole.
Parole perdute per il senso profondo della nostra esistenza, che ogni giorno tentiamo di disabitare dietro le maschere in cui è dipinta ovvietà, incrostazioni di felicità, recitate euforie.

Esaltarci per i trionfi o piangere per la morte sono gesti insufficienti al limite dell'ovvio, così come non basta batter le mani tanto per una vittoria quanto per il passaggio di una bara. La depressione chiede di più: non entusiasmi, non pianti, non applausi. La depressione chiede ascolto.

Quell'ascolto che tutti abbiamo negato a Marco Pantani e che, a partire dalla sua morte, potremmo incominciare a inaugurare come primo segno di una cultura meno plaudente perché più riflessiva, più attenta alla solitudine degli uomini.


(18 febbraio 2004)

La tossicodipendenza a cui, morbosamente, lo stanno riducendo è una conseguenza della depressione. Il medico del SERT di Ravenna che lo seguiva da giugno ha detto ieri alla Gazzetta che gli stanno cucendo addosso l'etichetta definitiva del tossicodipendete non rispettando la sua complessità di uomo. E quanto all'ascolto: Pantani sono 5 anni che lamenta il massacro di cui è vittima e la sua disperazione: E' STATO ASCOLTATO?

- Dal Forum di Marco Pantani -

[Modificato da ~~SerpeWeb~~ 19/02/2004 10.56]



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19/02/2004 11:30

grande cumpà...
ci voleva un omaggio del genere per uno come lui...
mi sono commosso....[SM=x237326] [SM=x237326] [SM=x237326] [SM=x237326] [SM=x237326]


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